Primo centenario della stimmatizzazione della Serva di Dio
Non capita spesso nella vita commemorare un particolare avvenimento accaduto un secolo fa; è comunque un’esperienza che sopperisce in parte emozioni, meraviglia e coinvolgimento a quanto non si è potuto vivere allora. Il 14 luglio 1911, nella sua camera da letto, la Serva di Dio Edvige Carboni, mentre faceva orazione, riceveva i sigilli della Passione del Signore dal Crocifisso che stava appeso al di sopra del suo comodino. Edvige fu trovata tempo dopo riversa per terra, col sangue che le colava dalle mani, dai piedi e dal costato. A trovarla fu molto probabilmente la nonna Maria Antonia con qualche parente; forse il padre, non la madre deceduta l’anno prima; non la zia Giovanna Maria, morta nel 1907 e neppure Paolina che si trovava in quel periodo a studiare a Cagliari. La notizia del ricevimento delle stimmate da parte della Serva di Dio fece in poche ore il giro del nostro paese. Molti non si meravigliarono di un dono così particolare, conoscendo le virtù della loro concittadina; tanti non vollero crederci, specie i lontani dalla Chiesa; altri ancora non se ne curarono più di tanto, pensando fosse una delle tante voci piene di misteri attorno alla figura della Serva di Dio. Nessuno osava avanzare riserve sulle sue virtù, ma convincersi di un dono simile era difficile persino per chi frequentava la parrocchia. Gli stessi sacerdoti vollero essere cauti in merito, ma non le autorità mediche. Il farmacista e il medico presenti a Pozzomaggiore, chiamati in casa Carboni non si esentarono dall’osservare il fenomeno e, pare, che nessuno di essi abbia pensato ad un caso di isteria – parola molto di moda a quei tempi – , ma ad un avvenimento che superava le loro competenze professionali. L’isterico ha sempre un carattere collerico, è volubile, è falso, di scarso equilibrio psichico e ama l’ostentazione. Niente di tutto questo si poteva attribuire alla Serva di Dio: di carattere mite, gentile, di un eccezionale controllo di sé, di vita ritirata e dedita al lavoro instancabile a casa, accanto al telaio per tessere le coperte o i suoi finissimi ricami in filet. Le stimmate isteriche sono epidermiche e guariscono perfettamente con l’aiuto della medicina. Le stimmate della Serva di Dio non guarivano con la scienza medica, ma si chiudevano da sole né andavano in suppurazione: erano profonde e trapassavano sino in fondo mani e piedi, al punto che il parroco don Giovanni Solinas, facendo pressione sulla ferita, constatò che il pollice della propria mano poteva toccare il dito indice. Edvige lasciò scritto nel suo Diario che, dal giorno di così grande mistero, si affezionò a meditare più spesso sulla passione e morte di Gesù, tenendosi lontana dalla curiosità di tanti che però non poterono fare a meno di vedere le sue dita o fasciate o coperte dalle mitenas , i guanti a dita mozzate; persino lo scialle fu per lei un mezzo per nascondere le ferite, come un grosso fazzoletto in lana le serviva per nascondere la mistica corona di spine. I fenomeni della stimmatizzazione della Serva di Dio furono visti da diversi pozzomaggioresi e da pochissimi abitanti del Lazio, che non videro però le piaghe alle mani, scomparse dietro preghiera della Serva di Dio al Signore. Dopo le funzioni, nella nostra parrocchia ci si tratteneva apposta per vedere Edvige con le ferite alle mani sanguinanti ed il viso spesso rigato del sangue che colava dalla fronte, da quei grossi nodi che alcune sue amiche ebbero la possibilità di palparle attorno a tutto il capo. Al fenomeno si aggiungeva poi l’estasi e talvolta la levitazione.
Il 14 luglio 2011 la nostra parrocchia è invitata a ricordare questo fatto, che finì sui giornali dell’epoca e nella bocca dei tanti sardi raggiunti dalle missioni di padre Giovanni Battista Manzella. Per il popolo le stimmate sono segno di santità, ma non per la Chiesa che guarda unicamente alle virtù evangeliche praticate in grado eroico. San Pio da Pietrelcina fu canonizzato per queste ultime e non per i carismi ricevuti. E’ pero indubbio che certi fenomeni soprannaturali risveglino la fede nel cuore dei cristiani tiepidi, richiamino all’esistenza dell’aldilà, cui si guarda sempre più con scetticismo. Edvige Carboni ha avuto questo compito durante la sua vita: ravvivare la fede, rievangelizzare il mondo, richiamare tutti alla Comunione dei Santi, esprimere il proprio essere cattolici con l’ubbidienza al Papa e alla Chiesa, amare la Vergine Maria e riparare per i peccatori. Edvige fu, in effetti, anima vittima, una di quelle persone che Dio, di tanto in tanto, manda sulla terra con lo scopo di riparare e risarcire, di completare quello che può mancare ai patimenti di Cristo per la salvezza di tutti.
E’ proprio il caso di dire che la nostra parrocchia è stata amata da Dio. Ci abbiamo mai pensato noi pozzomaggioresi? Siamo davvero tutti convinti che la Serva di Dio rappresenti per noi una benedizione? Che dobbiamo sostenere, in tutti i modi, la causa di beatificazione iniziata nel 1968 ed ancora non conclusa? Non nascondo che io pure mi lascio talvolta prendere dallo scoramento: son passati quasi sessant’anni dalla sua morte e 43 dall’apertura dei processi e siamo ancora tutti in attesa di grosse novità. Rientro poi in me stesso e mi pento di aver perso un po’ di fiducia nella Provvidenza. Mi chiedo però se la stiamo veramente aiutando, laici, sacerdoti e vescovi. Le cause dei mistici sono sempre lunghe e complicate, perché certa cultura e non pochi teologi sono oggi troppo imbevuti di razionalismo; tentano di spiegare tutto con la ragione. Non si dimentichi poi che la causa della Carboni ebbe inizio proprio l’anno in cui iniziarono le rivoluzioni culturali, in cui si iniziò a trascurare e mortificare la vita spirituale, quella vita in cui Edvige era straordinaria, per dare spazio ad una fede sempre meno profonda e priva di vita interiore. I teologi che avviarono gli studi su Edvige erano già di questa corrente. A settembre verrà beatificata la mistica calabrese Suor Elena Aiello, una stimmatizzata, morta 19 anni dopo Edvige ed il cui processo fu avviato ben 14 anni dopo quella della Carboni. Come mai, mi sono chiesto. L’unica risposta che ho potuto darmi è la seguente: la causa è stata seguita costantemente e con passione. Tutti, laici e clero, dobbiamo capire che avere nel proprio territorio un servo di Dio, è un segno di predilezione. Sento poi, da più parti, di grazie, anche notevoli, che molti – pozzomaggioresi o di fuori – ricevono per l’intercessione della Serva di Dio, ma nessuno poi sente la necessità di prendere la penna, scrivere e dettagliare quanto di meraviglioso gli è accaduto durante una malattia o un momento difficile della propria vita. E’ molto grave questo fatto. Bisogna abbandonare questa riservatezza. Non giova a nessuno. Una causa di beatificazione si aiuta anche con le relazioni di grazie e la raccolta della documentazione medica. Edvige Carboni non manca della fama di santità. Noi spediamo immagini e libri persino nelle Filippine, in Croazia, negli Stati Uniti… eppure dobbiamo ancora attendere per la Venerabilità della Serva di Dio, il gradino precedente la beatificazione. Speriamo tanto che la celebrazione di questo primo Centenario della sua stimmatizzazione, serva a smuovere qualcosa. Abbiamo spedito la notizia della ricorrenza a tantissime riviste, persino a Radio Maria che diverse volte ha parlato delle virtù di Edvige. Abbiamo tappezzato di locandine tantissime parrocchie.
Nella settimana che va dal 10 al 17 luglio, preghiamo perché il Signore tocchi il cuore di quanti stanno dietro a questa lunga e travagliata causa. Sarà una settimana ricca di momenti di riflessione e preghiera, scanditi soprattutto dal ritorno a Pozzomaggiore del Crocifisso originale che diede le stimmate alla Serva di Dio, che l’abbracciò e che più volte sudò un umore profumato anche dopo la sua morte, spesso asciugato dal suo ultimo confessore il padre passionista Ignazio Parmeggiani. Il Crocifisso verrà esposto in chiesa, così come riportato nel programma previsto, ma sarà al suo vecchio posto nella casa natale della Serva di Dio, che si terrà appositamente aperta mattina e pomeriggio. Preghiamo per la glorificazione in terra della nostra concittadina, per il nostro paese, per la nostra parrocchia, per il parroco, per la nostra diocesi e il suo vescovo con i suoi sacerdoti; per la Chiesa Cattolica e il Papa, di cui Edvige fu figlia obbediente; per gli ammalati e le persone sole; per i lontani da Dio e per chi ancora lo cerca.
Ernesto Madau